MIC / Mobility in Chain

16 dicembre 2010

All’inizio del 2009 Davide Boazzi, Federico Cassani e Federico Parolotto danno vita a Mobility in Chain | MIC una società di consulenza basata a Milano che opera nell’ambito della pianificazione dei sistemi per la mobilità e progettazione delle infrastrutture. Quali sono e a chi si rivolgono le vostre competenze?

La società nasce con il desiderio di colmare il divario tra urbanistica e pianificazione dei trasporti che si è creato in Italia a partire dal secondo dopoguerra. Mentre l’ambito della progettazione urbana è diventato appannaggio della figura dell’architetto/urbanista, la progettazione dei trasporti è rimasto ambito esclusivo  dell’ingegneria e questa separazione ha portato ad una standardizzazione dei temi relativi alla mobilità. Questa visione si è concretizzata nell’appiattimento su modelli di simulazione dei trasporti basati sulla teoria dei grafi, una teoria della matematica e dell’informatica che rappresenta in modo diagrammatico i collegamenti tra oggetti e che schematizza la maglia stradale urbana in un sistema di “aste e nodi”. La teoria dei grafi, o meglio la sua pedissequa applicazione, ha generato una lettura della maglia stradale attraverso la sola variabile del traffico veicolare, in cui ad un sistema vettoriale vengono associati dei valori di capacità veicolare lungo le carreggiate (aste) e alle intersezioni (nodi). Questo porta a sminuire la complessità di ciò che accade in una strada, privilegiando le connotazioni quantitative rispetto a quelle qualitative e sostanzialmente ignorando tutte le componenti specifiche di questo specifico spazio urbano che non siano veicolari.

La riduzione della mobilità ad un aspetto matematico che ignora ogni riflessione sull’interazione dei flussi rispetto agli spazi che questi attraversano ha portato a scelte di carattere progettuale profondamente lesive della qualità urbana. Noi crediamo invece che le competenze in materia di trasporti, pianificazione e progettazione urbana debbano continuamente dialogare tra loro e che l’allontanamento della figura professionale del pianificatore dall’ambito dei trasporti sia una delle principali cause delle problematiche di congestione veicolare di cui tutti siamo testimoni. Troppo spesso, ad esempio, si è pensato di risolvere i problemi del traffico attraverso la sua progressiva fluidificazione con l’aumento della capacità stradale che porta con sé l’aumento del traffico stesso – il cosiddetto incremento “fisiologico” tipico della parte previsionale di tutti i piani per la mobilità. Questo approccio ha finito per attribuire centralità al ruolo dell’automobile all’interno del sistema della mobilità e Milano – purtroppo – ne è il classico esempio.

Il vostro approccio ai temi della mobilità in che cosa si differenzia da quello tradizionale?

L’attività di MIC è basata sulla capacità di instaurare un legame forte tra diversi ambiti professionali – legame in cui i temi della mobilità si saldano ai temi della qualità urbana e dello sviluppo sostenibile. La consulenza di MIC si caratterizza per la capacità di intervenire nelle diverse fasi progettuali (dal concept masterplan all’urban design) attraverso la comprensione olistica dei flussi che attraversano gli spazi tra gli edifici e l’interazione reciproca tra il tessuto urbano e la mobilità. Il flow design è l’aspetto caratteristico della consulenza di MIC tesa a far emergere come la qualità di uno spazio urbano sia definita anche dagli “oggetti” in movimento che lo attraversano, dai veicoli ai pedoni al trasporto pubblico, alla mobilità ciclabile.

Lavorare con le grandi realtà straniere quali ad esempio lo studio di Foster + Partners ci ha consentito di crescere professionalmente, di affrontare i progetti con uno sguardo sempre nuovo rispetto alle tematiche dell’ambiente, della sostenibilità e dell’innovazione. La tensione verso l’eccellenza e il desiderio di migliorare ogni progetto rispetto al precedente, sono le qualità che caratterizzano le figure di primo piano della progettazione internazionale e questo costringe noi consulenti a un costante miglioramento degli standard di qualità.

All’interno del Masterplan e del dossier per l’Expo 2015 il capitolo mobilità è stato trattato in modo adeguato?

L’Expo rappresenta per Milano una fondamentale opportunità di crescita e di innovazione in tutti i campi. Il sistema della mobilità e gli interventi infrastrutturali ad esso connesso rappresentano sicuramente uno dei suoi temi principali. Tuttavia, mentre il tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” intreccia in modo innovativo e creativo le questioni  dell’alimentazione e della sostenibilità ambientale, lo specifico tema delle infrastrutture e della mobilità è trattato con un approccio sostanzialmente tradizionale e una visione “auto-centrica” del sistema della mobilità.

Il primo punto dell’Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale (dove si propone uno “Sviluppo sostenibile del territorio, che comprende le iniziative di sviluppo e riqualificazione territoriale, come le infrastrutture per la mobilità, interventi di assetto ambientale rurale e idrogeologico, iniziative per la sostenibilità energetica e la riduzione delle emissioni climalteranti”) non sembra infatti riflettersi nella generale impostazione del quadro infrastrutturale dominato dalle “grandi opere” della viabilità – Tangenziale EST-EST, BreBeMi, Pedemontana, ampliamento A4 ed A8 – tutte incentrate sulla visione di incremento della capacità per fluidificare il traffico. Se da un lato le opere relative al sistema dei trasporti pubblici appaiono avere un peso notevole nelle opere connesse all’Expo, facendo riferimento alle stime sui volumi di visitatori che prevedono una media da 140 mila visitatori al giorno di cui solo il 16% arriverà con la propria automobile, il quadro delle opere risulta decisamente sbilanciato a favore dell’automobile. Dalla documentazione previsionale (in un quadro complessivo di opere “essenziali”, “connesse” e “necessarie”) il 63% degli investimenti sono relativi a nuova viabilità.

Una ulteriore incognita rimane l’effettiva fattibilità degli interventi sul trasporto pubblico nei tempi previsti. Le linee metropolitane, ammesso che i lavori siano portati avanti a pieno ritmo, richiedono tempi di realizzazione molto lunghi. Basti ricordare che per la linea 1 ci sono voluti 7 anni (dal 1957 al 1964), per la linea 3 ce ne sono voluti 11 (dal 1979 al 1990) e per il Passante Ferroviario sono trascorsi addirittura 25 anni tra l’inizio lavori (1984) e il completamento della tratta Porta Vittoria – Rogoredo nel 2008.

Come giudicate l’attuale assetto del sistema della mobilità milanese?

Milano riflette due visioni di pianificazione territoriale ed urbanistica tra loro opposte e contrastanti. Da una parte negli ultimi anni si è dato avvio ad una serie di interventi per porre rimedio alla endemica congestione veicolare con un approccio sostenibile ed in linea con il panorama Europeo e mondiale. Tariffazione della sosta nelle aree centrali, Ecopass (o meglio un sistema di Congestion Charge) e Bike Sharing sono misure efficaci per la riduzione della mobilità veicolare privata che accomunano Milano a molte realtà urbane in tutto il mondo. Queste iniziative da sole, purtroppo, non bastano. Devono essere supportate da investimenti sul sistema dei trasporti pubblici e devono essere sviluppate, pubblicizzate e aggiornate. E’ chiaro che se l’Ecopass rimane alla fase sperimentale del 2008 (ovvero non viene aggiornato ed affinato rispetto alle nuove tipologie di veicoli circolanti) e se il Bike Sharing rimane senza una reale attenzione alla ciclabilità della rete strade milanese, l’effetto benefico di questi provvedimenti rimane limitato e marginale.

Dall’altro lato si pensa ad opere infrastrutturali gigantesche sul territorio cittadino come nel caso del tunnel Certosa – Forlanini -ribattezzato con poca fantasia “Tunnel stradale di Milano” (Expo‐Garibaldi e Garibaldi‐Forlanini) che risulterebbe un’opera costosissima e di dubbia utilità, la massima espressione della linea di pensiero “autocentrica”.

Esperienze come quelle di Zurigo e Copenhagen sono esempi di città, che attraverso una duratura e specifica politica a supporto della mobilità sostenibile, sono riuscite a creare un ambiente urbano di straordinaria qualità. Zurigo, che dagli anni settanta attua una politica urbana incentrata sul potenziamento della rete di trasporto pubblico di superficie (soprattutto tramviaria) vanta una ripartizione modale del 63% su trasporto pubblico (la più alta in Europa). Copenhagen, promotrice da anni di incentivi per la ciclabilità, a discapito di un clima e di un’orografia molto meno favorevoli di Milano, presenta una ripartizione su bicicletta del 36%.

Quali sono gli obiettivi che Milano può ragionevolmente porsi in vista dell’Expo?

Dal punto di vista della mobilità e dei trasporti, al di là delle opere programmate più o meno importanti, la grande opportunità è il miglioramento della qualità urbana della città, il miglioramento degli spazi pubblici, la creazione di itinerari cittadini, il potenziamento della mobilità lenta e sostenibile. In questo senso le idee alla base del Masterplan dell’EXPO sono molto forti e potenzialmente efficaci. Dal nostro punto di vista i due punti maggiormente qualificanti sono il sistema di mobilità interno all’area completamente pedonale collegato al sistema dei parcheggi remoti con un sistema di navette elettriche e le famose Vie di Terra e di Acqua per il collegamento con la città storica, sulla cui realizzazione pesano però molte incognite. L’EXPO rappresenta una incredibile opportunità di attrarre visitatori a Milano, non solo nel recinto espositivo vero e proprio, ma in tutto il tessuto urbano e metropolitano, creando dinamismo e sviluppo.

Milano è una città policentrica, ricca di eccellenze architettoniche e culturali: il suo problema è che i nodi delle diverse centralità sono slegati tra loro, disgregati e disintegrati in un caos di automobili parcheggiate, spazi pubblici inesistenti, percorsi sfilacciati e non riconoscibili. La grande sfida è quella di creare un sistema integrato di spazi pubblici sinergici, vivibili ed accessibili. Citando lo Studio di Valutazione dell’Impatto Ambientale dell’EXPO è fondamentale “Cogliere la grande rilevanza della manifestazione come occasione unica per diffondere un diverso approccio culturale nei confronti delle modalità di trasporto (mezzo pubblico vs mezzo privato) e in particolare per promuovere la mobilità ciclopedonale (mobilità dolce).”

Queste sono le buone intenzioni, ma quali sono i passi da intraprendere per raggiungere questi obiettivi?

Sulla base delle nostre esperienze crediamo che uno sviluppo sostenibile debba essere impostato fin dall’inizio su un sistema di trasporto pubblico forte ed efficiente. Oltre a questo sempre più spesso si pone il tema della Mobility On Demand – di cui il bike sharing è solo uno degli elementi – ovvero creare sistemi di trasporto pubblico composto da flotte di diversi mezzi di trasporto (biciclette tradizionali, elettriche, automobili elettriche o ibride, motorini) disponibili ai cittadini in apposite stazioni attrezzate come metodo di trasporto alternativo all’automobile e sinergico con i sistemi di trasporto pubblico tradizionali. La nuova sfida di Parigi ad esempio, il progetto Autolib appena annunciato dal Sindaco della capitale francese, consiste in un sistema di 3000 automobili elettriche in 700 stazioni disponibile in condivisione ai cittadini per spostarsi in modo alternativo all’auto privata. Anche a Londra la nuova flotta di Blue Bikes rappresenta un esempio virtuoso di partenariato pubblico-privato (tramite la sponsorizzazione delle biciclette da parte di una famoso istituto bancario) che ha dato la possibilità di mettere in piedi in tempi brevi uno dei sistemi di Bike Sharing più grandi al mondo: 400 stazioni e 6000 biciclette che diventeranno 8000 (Milano in questo momento ha 100 stazioni e 1400 biciclette).

Un secondo elemento fondamentale è quello relativo alla creazione di ambienti urbani il più possibile multi-funzionali, con un forte mix di terziario, commerciale e residenziale e servizi localizzati in aree altamente accessibili dai sistemi di trasporto pubblico. Gli esempi dei rigenerazione urbanistica come la Defance di Parigi o lo Square Mile di Londra mostrano come i grandi comparti monofunzionali siano dei veri e propri fallimenti urbanistici, congestionati di giorno, deserti e invivibili di notte. I quartieri multi-funzionali, ricchi di attività diurne e notturne rappresentano invece una visione moderna e sostenibile della città. La sinergia tra diverse funzioni compatibili e la densità funzionale permette di ridurre la necessità e le distanze di spostamento favorendo la mobilità dolce e produce la massa critica per rendere attrattivi i sistemi di trasporto pubblico tradizionali.

La vostra visione di mobilità sostenibile per Milano?

Milano deve ritrovare un pensiero integrato sulla mobilità ed è evidente che l’Expo costituisce una opportunità unica, anche per il momento storico in cui si colloca. Stiamo attraversando una stagione di straordinari cambiamenti nell’ambito della mobilità, basti pensare che sino a pochissimi anni fa non c’era ancora la certezza della effettiva messa in produzione delle automobili elettriche. Mai come adesso occorre riflettere sul tema della mobilità in modo olistico con una forte integrazione delle soluzioni. Per incidere realmente sulla qualità urbana, modificando gli attuali schemi di mobilità eccessivamente vincolati all’uso dell’automobile, occorre una visione e la volontà di implementarla.

Ad iniziative meritorie come il Bike sharing e l’Ecopass, che deve necessariamente essere aggiornato ed esteso oltre gli attuali limiti, occorre associare una politica coerente della sosta, un sistema unitario di tariffazione del trasporto pubblico, incentivare il car sharing ma anche e soprattutto spiegare alla città e ai milanesi come le scelte personali di mobilità incidano sulla qualità della città che viviamo.

L’Expo, che meritoriamente affronta il tema della sostenibilità alimentare, dovrebbe raccogliere questa sfida di cambiamento del modo di spostarti. Interventi di carattere tecnologico ad esempio, poco costosi e potenzialmente molto efficaci, potrebbero essere utilizzati per migliorare il sistema della mobilità. L’implementazione di un sistema di comunicazione ad hoc sulle piattaforme cellulari e gps – in grado di fornire i tempi di percorrenza reali, una indicazione in tempo reale della posizione dei mezzi pubblici, il coefficiente di riempimento dei mezzi – l’introduzione di sistemi di dynamic pricing (costi dei trasporti diversificati sulla base dell’orario di utilizzo) per favorire e diverse tipologie di utenza. L’Expo potrebbe quindi diventare il motore di una campagna di comunicazione finalizzata a far comprendere ai cittadini le problematiche della mobilità e l’implicazione di alcune scelte, sulla scia di grandi città come Copenhagen, Londra, Amsterdam e New York.

Occorre tener presente che la vera eredità che ci lascerà l’Expo saranno le infrastrutture, che hanno cicli di vita secolari e permanenze molto più durature del singolo evento che collegano. Per questo motivo è fondamentale affrontare questo tema sviluppando una visione integrata e coerente. Sarebbe una vera occasione mancata se uno sforzo così importante – finanziariamente e politicamente – lasciasse in dote solo qualche autostrada e qualche fermata di metropolitana in più senza migliorare la vivibilità e la qualità urbana.

Intervista pubblicata nel Dicembre 2010 su AL 9/10 MIC x AL